Arte a tavola

Dolci a Corte

Cialde e sorbetti, ciambelle e frittelle, frutta candita, biscotti. Golose fragranze di solluccheri appena usciti dal forno che sembra quasi di sentirne il profumo. Belli da mangiare e da guardare. Qui si parla di dolci, lussuosi piaceri della tavola, che rimandano a feste in villa, a banchetti speciali, ma anche a semplici piaceri quotidiani, sfornati con cura dai cuochi a servizio al tempo della Corte dell'antico regime.

Simboli e riti in cui si sublima ogni comportamento, che, stilizzato, diventa significato.
Il dolce si lega ai rigidi dettami della moda e delle gerarchie sociali dell'epoca. Si può parlare così della vita fiorentina, degli assetti della corte medicea, delle usanze popolari. La cucina, i riti della tavola, il rapporto con il cibo diventano, come disse Lèvy Strass ne L'origine delle buone maniere a tavola, "un linguaggio nel quale la società traduce inconsciamente la propria struttura o addirittura rivela, sempre senza saperlo, le proprie contraddizioni".

Uno spunto, quindi, per proporre assaggi d'arte, in cui gli ingredienti sono le immagini, un percorso in cui si passa da appetito iconografico ai piaceri, seppur virtuali, della gola, dove senso del bello e del gusto aprono sia godimento estetico, che all'accrescimento spirituale.
Sulle tele si rappresentano primizie di stagione, novità alimentari del momento, che con il potere del linguaggio visivo si radicano nella mente, nei desideri di colui che guarda. E allora guardiamo…

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