Dodici mesi d'Arte

Dodici capolavori presentati e descritti dal
soprintendente Cristina Acidini

Marzo Beato Angelico Annunciazione Beato Angelico Annunciazione affresco 1442 ca. Museo Nazionale di San Marco di Cristina Acidini

Il 25 marzo, ricorrenza dell’Annunciazione e dell’Incarnazione di Cristo, per secoli ha segnato l’inizio dell’anno a Firenze e in Toscana: uno speciale “Capodanno fiorentino”, che costringe gli storici a fare attenzione agli anni di certi avvenimenti passati, distinguendo fra la datazione “stile comune” (con Capodanno il 1° gennaio) e quella “stile fiorentino” in cui l’anno nuovo comincia a marzo, ab Incarnatione, appunto, con la primavera e la rinascita della natura.

Per ricordare la festività relgiiosa, che ha ispirato decine di capolavori d’arte, propongo di riconsiderare la notissima Annunciazione di fra’ Giovanni da Fiesole, noto come il Beato Angelico, affrescata sulla parete del primo piano dell’ex convento domenicano, ora Museo di San Marco, che accoglie chi sale le scale come una visione di dolce e quieta purezza.

La scena è ambientata sotto un sobrio loggiato. Le arcate a tutto tondo, sorrette da capitelli classici, evocano i portici claustrali appena costruiti da Michelozzo, l’architetto di fiducia di Cosimo de’ Medici, che a spese proprie fece riedificare l’intero convento. L’angelo, con le ali variopinte ancora spiegate, si inginocchia di fronte a Maria. Egli incrocia le braccia sul petto nella reverente salutatio: “Ave Maria gratia plena”, cui segue l’annuncio della maternità di origine divina, dalla quale sarebbe nato Gesù Cristo per la redenzione dell’umanità dal peccato. La Vergine risponde con gesto di devota accettazione della volontà di Dio, mentre l’espressione sul volto soave lascia intendere la sua soggezione al cospetto dell’emissario celeste e il devoto turbamento per la missione sublime alla quale è chiamata.

Sullo spessore del gradino si legge un’esortazione rivolta ai monaci: VIRGINIS INTACTAE CUM VENERIS ANTE FIGURAM PRETEREUNDO CAVE NE SILEATUR AVE (Quando passerai davanti alla figura della Vergine intatta, stai attento di non dimenticare di dire l'Ave Maria).

L’Annunciazione è probabilmente l’opera più nota dell’Angelico ed è senz’altro l’immagine-simbolo del Museo di San Marco. In essa si trovano condensati tratti distintivi della pittura di uno dei maestri più amati del Rinascimento: l’eleganza dell’architettura fiorentina, il rigore della prospettiva, la luminosità della pittura che valse all’Angelico l’appellativo di pittore di luce. Frate domenicano, egli visse nel convento di San Marco a partire dal 1436, finché nel 1445 venne chiamato a Roma da Papa Eugenio IV per affrescare la Cappella Niccolina nei palazzi del Vaticano.

Il Museo di San Marco ha sede nella parte più antica dell’omonimo convento, accresciutosi nel corso del tempo fino a coprire un intero isolato, ed oggi ancora in parte abitato dai frati. Il nucleo più antico del complesso, sorto sull’area occupata nel Medioevo dal convento dei monaci Silvestrini, venne progettato da Michelozzo su incarico di Cosimo de’Medici, che il papa aveva esortato a costruire un convento in città per ospitare i Domenicani riformati di Fiesole.

Tra il 1436 ed il 1446 fu costruito un edificio conventuale moderno e funzionale, improntato ai canoni dell’architettura rinascimentale. Ancora oggi, l’armonia e la chiarezza spaziale che si percepiscono appena varcato l’ingresso del Museo danno la suggestiva impressione di trovarsi in un luogo di pace, incastonato nel rumoroso centro cittadino. Il senso di devota serenità che pervade l’ex-convento è messo in figura dallo straordinario ciclo di affreschi che Beato Angelico vi dipinse tra il 1438 e il 1443. Il pittore dipinse in ogni ambiente, da quelli comuni, al piano terra, alle quarantatre celle del primo piano, episodi tratti dal Nuovo Testamento, ognuno dei quali doveva ispirare la preghiera e la meditazione dei monaci sia nei momenti di vita collettiva, che nella solitudine delle loro stanzette.